Caporalato Grafica Veneta: la Cisl lancia l’idea di un fondo per aiutare i lavoratori Bm
I primi undici lavoratori pakistani, che con la loro denuncia hanno avviato l’inchiesta per capolarato nel subappalto concesso da Grafica Veneta all’azienda trentina Bm Service, sono ancora sotto protezione. Il 30 settembre doveva tenersi la prima udienza per cinque degli undici lavoratori, ma è stata rinviata al 9 novembre e così quelle che riguardano gli altri connazionali. L’ultima sarà ad ottobre del 2022. Un percorso ancora lungo li attende, con pesanti ripercussioni. Anche perchè Bm e Grafica Veneta si sono costituite in giudizio, rigettando le richieste del sindacato e scaricando le eventuali responsabilità una sull’altra.
“I tempi si allungano” sottolinea Samuel Scavazzin, segreteraio generale della Cisl, “e questo crea ulteriori disagi ai lavoratori, già duramente provati dalla situaizone che hanno vissuto e da quello che stanno passando adesso. Sono stati i primi a denunciare quello che accadeva e hanno avuto davvero molto coraggio. Da qul primo incontro avvenuto nei nostri uffici a maggio 2020 si è aperto il vaso di Pandora: il pestaggio, i licenziamenti, le sospensioni illegittime, gli abusi subiti, il lavoro nero con turni massacranti sui quali si sta facendo luce soltanto adesso. Questi ragazzi – tutti fra i venti e i trent’anni – sono un esempio virtuoso. Tra l’altro i nostri conteggi avanzano tra i 20 e i 100mila euro, eppure continuano a “pagare” per il loro gesto. Dopo essere stati picchiati e ripetutamente minacciati insieme alle loro famiglie, oggi sono protetti dalle istituzioni, ma di fatto sono in un limbo non voluto”. Che non gli permette di cercare un nuovo lavoro, innanzitutto, e dunque di avere un reddito. Ma neppure – per chi si è trovato a essere stato dimesso a sua insaputa – a non poter far ricorso alla disoccupazione. “Bisognerebbe istituire un fondo” continua Scavazzin, “per tutelare i lavoratori in attesa che si risolva la vicenda giudiziaria. Il caporalato è difficile da far emergere perchè spesso il lavoratore è sotto ricatto, il più delle volte straniero e in una condizione di fragilità che lo espone a minacce. E’ difficile dunque trovare persone disposte a denunciare abusi o maltrattamenti. Questi ragazzi si sono informati timidamente su internet e poi sono venuti da noi a raccontare quello che gli stava accadendo”.
(Dal Mattino di Padova del 24.09.2021)