Gli effetti del carovita sui cittadini padovani. Sindacati «Gli stipendi sono fermi ormai da anni. Bisogna agire sulla contrattazione»

Inflazione da 7.500 euro «Per le famiglie è come una patrimoniale»

Il peso dell’inflazione sulle famiglie padovane vale quanto una patrimoniale. Siamo la seconda provincia in Veneto a pagare il caro vita con i risparmi, con 7.500 euro stimati per ogni famiglia . I conti li ha fatti la Cgia di Mestre, sottolineando che la stragrande maggioranza delle famiglie ha subito gli effetti negativi della perdita di potere d’acquisto indotta dall’aumento dei prezzi registrato nel 2022 e nel 2023.
 
LE SPESE FISSE
Si mette mano ai risparmi per pagare al Comune circa 84,1 milioni di euro di Imu (compresi 10 milioni di euro di recupero evasione); 24,1 milioni di addizionale Irpef (più 500 mila euro di partite arretrate) e 47.234.755,65 euro di Tari, cioè la tariffa rifiuti (in realtà questi soldi si versano al Comune ma incassa AcegasApsAmga). E poi ci sono il carrello, le bollette, le spese condominiali, quelle sanitarie, per l’istruzione (di chi ha figli), l’assicurazione dell’auto e il bollo auto e perfino il canone Rai: tutto pesa sui redditi più fragili.
Le difficoltà economiche sono generalizzate, ma nell’occhio del ciclone ci sono soprattutto le famiglie che vivono in affitto. Il grande aumento di sfratti c’è stato nel 2022, per via degli arretrati dei due anni Covid, quando per legge non era possibile sfrattare. A distanza di quattro anni però il fenomeno non è rientrano e nemmeno si è ridimensionato. Tanto che l’assessora alla casa, Francesca Benciolini, ha aperto un tavolo di lavoro per arrivare a dar vita ad un Fondo di garanzia pagato, fra gli altri, dalle associazioni di categoria perché il problema casa ha molte declinazioni, anche quella di non trovare un’abitazione per i dipendenti stagionali (vedi alberghi e ristoranti) o per gli operai edili (vedi aziende del settore).
 
GLI AIUTI DEL COMUNE
«In questi ultimi due anni, dopo il ripristino degli sfratti da gennaio 2022, si sono accumulate molte spese per le famiglie», spiega l’assessora, «tutti abbiamo subito l’aumento delle bollette dovuto al caro energia e alla guerra. Oggi quell’aumento è in parte rientrato, ma le famiglie non si sono riprese con facilità. Negli ultimi due anni, ma soprattutto nel 2023, abbiamo visto aumentare la spesa per le bollette e le spese condominiali. Abbiamo messo a disposizione 1 milione di euro in contributi, ma la mancanza di case disponibili aumenta la preoccupazione perché gli stipendi, invece, sono bloccati da 30 anni».
 
IL FONDO DI GARANZIA
Del milione di euro, l’anno scorso palazzo Moroni ha erogato 594 mila euro per sostenere la residenzialità. Di questi: 302.121 euro per nuclei che abitano in case pubbliche, per sostenere spese condominiali e bollette; 220 mila euro per nuclei in locazione privata; 72 mila euro per nuclei in case di proprietà per spese condominiali. In totale sono stati sostenuti 365 nuclei familiari, mentre erano 293 i beneficiari nel 2022. «Anche nuclei che hanno lo stipendio fisso a tempo indeterminato fanno più fatica a star dietro ai costi della casa che impattano sempre di più – aggiunge la Benciolini – Gli affitti hanno seguito il mercato, gli stipendi no e il livello di povertà nella nostra città come nel resto dell’Italia aumenta. Il mese scorso ho incontrato gli istituti di credito, Confindustria, le associazioni di categoria, i sindacati, per arrivare a creare un Fondo di garanzia per convincere i proprietari a mettere i propri appartamenti a disposizione del mercato. L’idea sarebbe di dare garanzia al proprietario e sicurezza all’inquilino. È tanto più importante perché aumentano le case nel mercato del turismo di chi ha paura che gli affittuari tradizionali non sia in grado di pagare e diventino morosi»
 
L’OPINIONE DEI LEADER DEI SINDACATI CONFEDERALI CGIL, CISL E UIL
Per i sindacati la situazione è molto chiara e il governo ha pesanti responsabilità: «La situazione è grave», va dritto al punto il segretario generale della Cgil Aldo Marturano. «Il governo dice di aumentare i redditi fino a 35 mila euro, dandogli mediamente mille euro in più all’anno. Quello che non dice però è che non aggiunge realmente denaro perché questa è una misura già introdotta l’anno scorso. La seconda cosa che non dice è che, per avere questi soldi, dobbiamo mantenere i salari moderati. Una logica totalmente sbagliata: l’inflazione non è cresciuta per il rincorrersi dei salari rispetto ai prezzi, ma per il profitto e l’aumento delle materie prime. Abbiamo recuperato il 2% dei salari a fronte del 17% dell’inflazione. È chiaro che i redditi vengono divorati e questo divario è irrecuperabile e nessuno riesce a mettere qualcosa da parte».
Per Massimo Zanetti, segretario generale della Uil, l’unica molla è quella fiscale: «La situazione inflattiva diminuisce risparmi e fa solo danni – sottolinea – Il governo deve agire aumentando il potere d’acquisto dei lavoratori, spingendo a chiudere i contratti scaduti e non rinnovati: penso a quello della pubblica amministrazione, scaduto nel 2021. Se non metti massa salariale in mano a chi lavora, acuisci di più la crisi. Del resto abbiamo i salari peggiori d’Europa da 20 anni». Risultato? «L’inflazione è una grande mazzata – chiosa Samuel Scavazzin, numero uno della Cisl – Il potere di acquisto per chi ha redditi fissi medio bassi diminuisce notevolmente creando forti disagi nelle famiglie. L’iniquità di tutto questo è data anche dal fatto che gli organi di controllo dovrebbero verificare se l’inflazione non sia creata ad hoc e sia una speculazione di pochi dei danni molti. Mi preoccupa che non si taglia sul superfluo, le famiglie l’hanno già fatto da molto tempo, ma si taglia il necessario».
I patronati dei sindacati in questo periodo stanno aiutando le famiglie a compilare le richieste per l’assegno unico universale, destinato a tutti coloro che hanno figli. In particolare è il periodo in cui si deve presentare il proprio Isee, e nei patronati si può prendere appuntamento per il calcolo dell’indicatore.