LA CRISI DEMOGRAFICA: Più pensionati che lavoratori, sindacati preoccupati per il futuro
“Così i servizi sono a rischio”
Scavazzin: “Zero manodopera”
ROVIGO – Più pensionati che lavoratori, succede in Polesine e in altre 38 province italiane con impatti di rischio sulla sostenibilità dei conti pubblici e dell’Inps.
Secondo l’ultimo rapporto del Sole 24Ore, proprio su questo tema, la maglia nera in Veneto sul fronte dello sbilanciamento tra il numero dei pensionati e dei lavoratori attivi spetta, ancora una volta, al Polesine. La media nel resto del Paese non è comunque alta: 111 contribuenti attivi nel mondo del lavoro ogni 100 pensionati.
Un margine che comunque non rassicura l’andamento della spesa previdenziale italiana, soprattutto se si escludessero dalle statistiche i liberi professionisti che versano i contributi alle casse previdenziali private e che farebbero scendere la media a 103.
“Noi, come sindacati, abbiamo lanciato l’allarme da anni ed ora è accaduto proprio quello che avevamo previsto – spiega il segretario della Cgil della provincia di Rovigo Pieralberto Colombo -il Polesine, non solo si riconferma essere
una terra di anziani con i giovani che scappano in cerca di lavoro in altre province, ma il numero dei pensionati ha superato con percentuali importanti i lavoratori attivi”. “Questo si traduce in un rischio per i servizi essenziali che presto potrebbero venire meno – continua il sindacalista della Cgil – diventerà infatti presto impossibile garantire il welfare, dagli ospedali alle scuole pubbliche”.
Secondo il numero uno della Cgil polesana, è necessario che il governo si attivi subito per una gestione consapevole e responsabile dei flussi migratori. “Per quanto ad alcuni non possa piacere – continua Colombo – l’immigrazione è
l’unica soluzione in grado di salvare il nostro welfare. Le imprese stesse chiedono politiche di integrazione a favore della manodopera straniera di cui oggi necessitano per mandare avanti la propria attività e la produttività stessa del territorio”.
“Basta guardare le scuole del nostro territorio per capire che sono soprattutto gli immigrati a portare alto il livello della natalità – fa notare il segretario generale della Cisl di Padova e Rovigo Samuel Scavazzin – anche infatti attivando immediatamente politiche pro natalità, dovremmo attendere minimo 18 anni per vedere la curva dei lavoratori attivi superare quella dei pensionati. È importante, in questo momento, prendere provvedimenti immediati attraverso politiche di integrazione e regolamentazione dell’immigrazione. Anche attraverso percorsi di formazione ad hoc. Questo non significa fare entrare tutti, ma regolamentare quella manodopera meno specializzata che attualmente manca nel nostro Paese.
Un esempio, anche in Polesine, è il lavoro nei campi, la cui regolamentazioni dei flussi dovrebbe avvenire da gennaio-febbraio per permettere alle aziende di organizzarsi in base al raccolto, non a settembre, come si usa fare”.
“Se poi – conclude Scavazzin lanciando una provocazione – vogliono fare diventare il Polesine una terra per anziani, ci fornissero almeno strutture e servizi, come case di riposo e ospedali per accudirli. Il Polesine come la Florida, luogo ideale dove invecchiare, potrebbe anche funzionare, almeno questa terra avrebbe un’identità e soprattutto la possibilità di creare nuovi posti di lavoro”.
Investimenti per attrarre i giovani ed evitare la loro fuga dal Polesine, la soluzione proposta dallo storico leader Uil Gianpietro Gregnanin. “A Rovigo abbiamo un’ottima università – spiega il sindacalista della Uil – peccato, però, che una volta laureati, i giovani si apprestino a cambiare provincia per lavorare. Per forza poi il Polesine risulta essere una terra di pensionati che non fa gola alle nuove risorse”. E sul fronte immigrazione: “Serve una politica di integrazione, i lavoratori stranieri vanno non solo formati, ma anche integrati nelle nostre comunità, partendo dalle famiglie. Non ci serve manodopera che arriva col barcone per utilizzarla per il lavoro stagionale, ma flussi migratori controllati e integrati per invertirequesto sbilanciamento tra pensionati e lavoratori attivi”.