“Un pensiero di riconoscenza alle nostre comunità istriana, fiumana e dalmata”
In una fase storica segnata da numerosi conflitti, il Giorno del Ricordo rappresenta un’occasione per approfondire la conoscenza delle complesse vicende del confine orientale.
A ottant’anni dalla più sanguinosa ondata di infoibamenti e dall’occupazione di Pola, Fiume, Trieste, Gorizia da parte delle truppe di Tito, rivolgo un pensiero alle comunità istriana, fiumana e dalmata nel giorno a loro dedicato. Un pensiero di riconoscenza, per la dignità con cui hanno sopportato l’orrore delle persecuzioni, il dolore del distacco e i decenni dell’oblio e per avere pagato il prezzo più alto della guerra e delle condizioni per la pace.
In una fase storica segnata da numerosi conflitti, il Giorno del Ricordo rappresenta un’occasione per approfondire la conoscenza delle complesse vicende del confine orientale, che portarono al dramma delle foibe e quindi all’esodo di centinaia di migliaia di persone. La data si riferisce al trattato di Parigi del 1947, che assegnò alla Jugoslavia le città italiane, ma le persecuzioni erano iniziate già nel ’43 con una prima ondata, e poi nel ’45, quando il resto d’Italia festeggiava la fine di un tragico conflitto. Molti italiani non sapevano, non potevano o non volevano sapere quello che stava accadendo ai loro connazionali. Un silenzio sul quale mise una pietra tombale la scomunica di Tito da parte del Cominform di Stalin, che rese il presidente jugoslavo la spina nel fianco del blocco comunista agli occhi delle potenze occidentali.
C’è un filo rosso che collega chi voleva il silenzio allora e chi oggi contesta il Giorno del Ricordo, sulla base di una lettura giustificazionista delle foibe. Ma la storia insegna, se si ha voglia di imparare. Quest’anno Gorizia, riunificata con Nova Gorica, è la capitale europea della cultura. Un segno che le città divise possono riconciliarsi. È noto il caso di Gerusalemme, ma anche la più vicina Sarajevo è rimasta spaccata dopo il lungo assedio concluso nel ’95.
Ed è auspicabile che anche la Serbia possa presto trovare, in Europa, maggiore stabilità. I valori europei di libertà e democrazia, condivisi da Italia, Slovenia e Croazia, fanno dell’Istria e della Dalmazia una terra senza barriere, ma non senza identità. Per le giovani generazioni è immediato plasmare la loro sulla condivisione di tradizioni, etnie, storie diverse, che fanno la ricchezza di quelle bellissime terre. Una bellezza che per sua natura evoca la pace. Come dice l’inno all’Istria: “Delle muse qui il mite sorriso/qui il sapere ebbe culto ed onor./A tuoi figli qui brilla sul viso/l’amistade che viene dal cor”.
Il Segretario Generale
Samuel Scavazzin