Il dovere della memoria mai così necessario
Fare memoria è un dovere, anche se doloroso. E da quando, nel 2005, l’Onu istituì il Giorno della memoria, sessant’anni dopo la liberazione del lager nazista di Auschwitz, non è mai stato così necessario. Più volte, in quelli che sono diventati ormai 80 anni, questa memoria è stata infangata da rigurgiti di antisemitismo, ma mai in modo così violento e sistematico come nel periodo attuale. Un’ondata che non riguarda solo truci nostalgici dell’orrore, ma contagia anche i giovani, ignari della dimensione storica delle loro istanze. Questa giornata, nata per rendere omaggio a milioni di civili innocenti, viene addirittura presa come pretesto per scambiare vittime e carnefici, attraverso parallelismi assurdi tra circostanze storiche completamente diverse.
Ora la speranza della pace sta accendendo un raggio di sole in un momento tanto buio. Tutta la comunità internazionale si sta attaccando a questa speranza, che può essere sostenuta non solo dalla diplomazia, ma anche da un impegno collettivo a non alimentare ogni forma di odio, di ieri e di oggi, e ogni pregiudizio. Perché è dal pregiudizio che nascono i genocidi e la conoscenza ne è l’antidoto più efficace. Mario Rigoni Stern ha scritto: “La memoria è necessaria, dobbiamo ricordare perché le cose che si dimenticano possono ritornare: è il testamento che ci ha lasciato Primo Levi”. Certo, nessuno ha potuto restituire le vittime della Shoah alle loro famiglie, come accadrà per quelle del 7 ottobre. Ma alcuni ostaggi stanno cominciando a tornare. Non tutti i profughi potranno rientrare nelle loro case ormai ridotte in cenere, ma gli edifici si potranno ricostruire. Una tregua non può mettere fine alla sofferenza, ma può essere un grande risultato se ci si crede veramente e ricordare, nel Giorno della memoria, a quali orrori può giungere la mente umana, è un potente nito a preservare questa possibilità. E’ il vero antidoto alla guerra. Una necessità dolorosa, ma l’unica che ci può far sperare nella pace.
Il Segretario Generale
Samuel Scavazzin