Guidolin e Ogbonnia: «Diritto di cittadinanza, segno di un Paese più giusto e inclusivo»
Cisl cita gli esempi recenti delle Olimpiadi e Paralimpiadi: «I nostri atleti hanno dimostrato di sentirsi italiani, tutti senza distinzioni, e di battersi per la nostra bandiera. L’Anolf tocca con mano tutti i giorni i problemi derivanti dall’inadeguatezza dell’attuale normativa, ulteriormente complicata dal cosiddetto decreto sicurezza»
L’attuale legge sulla cittadinanza non è più idonea all’Italia di oggi». Lo afferma Patrick Ogbonnia, presidente dell’Anolf Padova Rovigo, associazione istituita dalla Cisl per tutelare le esigenze degli immigrati. «La materia è ora disciplinata dalla legge 91 del 92, risalente quindi a 32 anni fa. Ora l’Italia è un Paese completamente diverso, è una società multietnica, con ragazzi e ragazze di origine straniera nati qui o arrivati ancora minorenni, che hanno acquisito cultura e stili di vita in tutto e per tutto italiani. Sarebbe quindi giusto che a questi ragazzi venisse riconosciuto un diritto che rappresenta per loro garanzia di uguaglianza, integrazione e di maggiori opportunità. Nelle scuole italiane di ogni ordine e grado l’11% degli studenti è di origine straniera, percentuale in costante aumento e con punte lievemente superiori nel padovano. Concedere loro la cittadinanza non sarebbe un atto di magnanimità, ma di giustizia, il riconoscimento di un diritto in linea con un’Italia che cambia, più giusta, più inclusiva e più europea». Ogbonnia cita gli esempi recenti delle Olimpiadi e Paralimpiadi: «I nostri atleti hanno dimostrato di sentirsi italiani, tutti senza distinzioni, e di battersi per la nostra bandiera. L’Anolf, nella sua attività quotidiana al servizio degli immigrati, tocca con mano tutti i giorni i problemi derivanti dall’inadeguatezza dell’attuale normativa, ulteriormente complicata dal cosiddetto decreto sicurezza, la legge 113 del 2018. Incontriamo ragazzi e ragazze che a tutti gli effetti dimostrano di essere italiani, che si vestono, parlano, ascoltano la stessa musica e si divertono come i loro coetanei italiani. Pensiamo che alcuni di loro, solo per fare un esempio, sono esclusi dalle gite scolastiche. Cominciando a parlare del diritto di cittadinanza per chi ha frequentato qui un ciclo scolastico, il nostro Paese dimostrerebbe di essere più attento, sensibile, inclusivo e proiettato verso il futuro. Sarebbe utile avviare un confronto su questo tema anche sul territorio, coinvolgendo istituzioni, terzo settore, associazioni di categoria, scuola e sindacato».
L’invito è sostenuto anche dalla segretaria territoriale della Cisl Padova Rovigo Paola Guidolin: «Il nostro sindacato – ricorda – ha sempre sostenuto i percorsi e le iniziative che promuovono l’integrazione e che difendono i diritti, soprattutto quando si riferiscono a ragazzi nati e cresciuti nel nostro territorio. Il dibattito aperto sullo ius scholae e lo ius culturae tocca due aspetti importanti, strettamente collegati tra loro: uno è quello di un mercato del lavoro che richiede manodopera e di un sistema di welfare che non può reggersi senza l’allargamento della base contributiva. L’altro aspetto, che considero prioritario, è quello di carattere sociale e umano, che vede nel riconoscimento di un diritto un dovere morale da parte di un Paese civile, al benessere del quale i lavoratori di origine straniera contribuiscono da anni e in modo sempre più consistente. Parliamo di bambini che qui sono andati a scuola, figli e figlie e di cittadini che qui lavorano e pagano le tasse e che sono parte integrante delle nostre comunità. Continuare a negare un loro diritto non sarebbe solo contrario a un bisogno del sistema produttivo, ma poco rispettoso verso la dignità della persona».