Primo Maggio “Non diamo il lavoro per scontato”
Il Segretario della Cisl Scavazzin riflette sul significato attuale della festa del Primo Maggio.
“Sia sano, in regola e con stipendi adeguati”.
Scavazzin, cosa significa la festa del primo maggio in questo momento storico?
“E’ più che mai importante. Ed è fondamentale festeggiarlo, perché non possiamo e non dobbiamo dare per scontato il lavoro: mai così come oggi il lavoro è diventato flessibile e non dobbiamo smettere di ricordare l’importanza del lavoro sano, in regola e con stipendi adeguati. Non dobbiamo mai abbassare la guardia sul lavoro e i salari. E non dobbiamo svendere e sminuire i nostri giovani”.
Pandemia e lavoro: cos’è cambiato?
“Con il Covid è cambiata la percezione dell’organizzazione del lavoro ed è diventata fondamentale la possibilità di utilizzare altre modalità che prima erano fuori da ogni logica, esistevano ma non erano contemplate. Parlo chiaramente dello smart working. Sicuramente questo è il bicchiere mezzo pieno, ma non dobbiamo dimenticare che il Covid ha lasciato in ginocchio tantissimi settori, soprattutto quelli che hanno a che fare con la stagionalità dove è più complicato ragionare per organizzazione del lavoro, come ad esempio nel settore del turismo. Ricordo anche il blocco dei licenziamenti e la flessibilità produttiva di moltissime aziende che si sono riadattate. Sarebbe bello riportare in economia alcune produzioni che avevamo perso”.
La piaga delle morti sul lavoro: cosa succede e come fare ad arginarla?
“E’ una tragedia continua. Come sindacati abbiamo presentato una piattaforma nazionale con varie proposte. Tra queste, ad esempio, l’insegnamento a scuola di salute e sicurezza sul lavoro come materia di studio alle superiori così i giovani si approcciano al mondo del lavoro già preparati. Inoltre abbiamo proposto una sorta di patente a punti per le aziende che rispettano le regole con vantaggi e sgravi fiscali”.
Ma davvero sono i giovani che non hanno più voglia di fare fatica? O sono i salari il problema?
“Non credo che sia questione di poca voglia di lavorare, di reddito di cittadinanza o meramente di soldi. La verità secondo me è siamo un momento bizzarro (che spero passi in fretta) nel quale abbiamo aziende che chiudono e aziende che hanno lavoro ma non trovano personale specializzato. Nel settore artigianale mancano le competenze, non la volontà. Manca il rapporto tra formazione e aziende sul territorio. Ci vorrebbe un connubio tra politica, scuola, impresa e ricerca per capire nel territorio quali sono le potenzialità e le necessità dando aiuti a imprese e scuola per la creazione di lavoratori subito performanti. Non possiamo formare personale fine a se stesso anche se specializzato. Mai come adesso è necessario questo ragionamento in Polesine, un territorio sempre più Anziano, se non vogliamo ‘morire’. Dobbiamo lavorare per portare giovani da noi e tenerci quelli che in Polesine ci nascono”