Disastro Dad: 1 su 2 termina la scuola impreparato. Stefania Botton (Cisl) “Prepariamoci fin d’ora a riprendere la didattica in presenza”

Danni gravi dalla didattica a distanza: alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un + 9%

ROVIGO – I dati raccolti dalle prove Invalsi sono inequivocabili. La pandemia e la didattica a distanza hanno fatto danni enormi sull’apprendimento dei ragazzi, soprattutto alle superiori. Alle medie il 39% degli studenti non ha raggiunto risultati adeguati in italiano, il dato sale al 45% in matematica. Alle superiori il dato sale rispettivamente al 44% e al 51% con un + 9% di media nazionale. In molte regioni del Sud la situazione è ancora peggiore con oltre la metà degli studenti che non raggiunge la soglia minima di competenze in Italiano. In Campania il 73% degli studenti è sotto il livello minimo di competenza in matematica, un autentico disastro.

Le prove Invalsi 2021 hanno una attendibilità altissima in quanto hanno coinvolto oltre 1.100.000 allievi della scuola primaria (classe II e classe V), circa 530.000 studenti della scuola secondaria di primo grado (classe III) e circa 475.000 studenti dell’ultima classe della scuola secondaria di secondo grado, ovvero oltre il 98% nella scuola primaria, il 93% nella scuola secondaria di primo grado e l’82% nella scuola secondaria di secondo grado.

Sul disastro della Dad interviente Stefania Botton, segretaria territoriale della Cisl di Padova Rovigo. “I risultati delle prove Invalsi, dimostrando ancora una volta i danni provocati dalla dad, confermano che l’allarme lanciato dai sindacati e in particolare dalla Cisl Padova Rovigo sulla povertà educativa era più che giustificato. E se è vero che gli studenti veneti hanno ottenuto riscontri meno disastrosi dei loro coetanei di altre aree del Paese, a destare preoccupazione è la tendenza: il Veneto figura tra le regioni che nel 2021 hanno fatto registrare un calo dei risultati più consistente di quello nazionale, sia per l’italiano che per la matematica.

E’ quindi indispensabile invertire immediatamente questo trend negativo. Purtroppo però dobbiamo prendere atto che a meno di due mesi dalla ripresa delle lezioni non sono ancora state definite le regole che saranno applicate per riprendere la didattica in presenza pur preservando i ragazzi e le loro famiglie dal pericolo di contagi, e quindi di ulteriori chiusure.
Il ministro Patrizio Bianchi ha dichiarato che si sta lavorando per questo. Ma intanto scontiamo le ricadute sui livelli di apprendimento di un anno di continui stop and go, in un clima di incertezza del quale i ragazzi hanno risentito in modo più pesante. Non a caso, i dati meno allarmanti sono quelli che interessano la scuola primaria, dove la didattica in presenza è stata garantita più a lungo. Molte cose sono da definire a livello locale, per quanto riguarda gli spazi che consentiranno il distanziamento sociale, per i trasporti e per i vaccini. Ma ciò che è indispensabile affrontare fin d’ora sono i mali atavici della scuola italiana: il personale precario, la cui stabilizzazione influirebbe positivamente anche sulla qualità dell’offerta formativa, e gli organici esigui, sui quali sono necessari interventi consistenti di adeguamento.

Le prove Invalsi non hanno fatto altro che dimostrare l’importanza di queste lacune e la fragilità del sistema scolastico italiano. A risentirne sono soprattutto i ragazzi che vengono da situazioni difficili, ai quali la scuola dovrebbe dare risposte anche in termini di supporto e di ascolto. Il venire meno di questo ruolo, insieme ai problemi causati dalla difficoltà di relazioni, si è manifestato anche nel disagio di molti adolescenti in questi mesi di emergenza sanitaria. Il rischio ora è che la scuola italiana perda anche quel ruolo di ascensore sociale che l’ha sempre caratterizzata. Per evitare che questo accada, è indispensabile definire un piano che permetta ai ragazzi di colmare il gap formativo dovuto alla pandemia, con interventi mirati sui quali indirizzare le risorse del Pnrr, restituendo finalmente alla scuola il ruolo di motore di sviluppo e di crescita per i ragazzi e per il Paese”.