“Memoria, evitare le manipolazioni. Non lasciamo riaffiorare i fantasmi di ieri”
Sui quotidiani locali, l’intervento del Segretario Generale Samuel Scavazzin sul Giorno della Memoria.
Celebrare il Giorno della Memoria, come espressione di una presa di coscienza da parte della comunità nazionale e internazionale, assume quest’anno un valore simbolico ancora più rilevante. Coinvolgendo il mondo intero, la pandemia ha dimostrato che soltanto la solidarietà e l’umanità possono salvarci dai pericoli del nostro tempo e che le conseguenze di ogni nostro atto individuale ricadono sugli altri. Una lezione che avremmo già dovuto imparare, ma della quale spesso non ci siamo fatti carico. È importante invece cogliere l’opportunità di questa ricorrenza per ricordare come il “virus letale del razzismo omicida”, come lo ha definito il presidente Mattarella nel Giorno della Memoria di tre anni fa, contaminò anche la nostra storia locale e non si limitò a focolai isolati lontani da noi.
È necessario che soprattutto i ragazzi abbiano modo di approfondire questo snodo cruciale della nostra storia, in un periodo in cui la loro istruzione è stata sacrificata, per evitare che a causa della pandemia, in assenza di momenti di riflessione in presenza, il Giorno della Memoria possa non essere colto nel suo pieno significato. E’ necessario ricordare che tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944 gli ebrei provenienti dalle province di Padova e di Rovigo furono portati nel campo di raccolta di villa Venier, a Vo’ vecchio, in attesa di essere deportati alla risiera di San Sabba e poi ad Auschwitz. E che l’allestimento di quel campo seguì di pochi giorni l’ordinanza di polizia numero 5 della Repubblica sociale italiana, che decretava il passaggio dalla persecuzione dei diritti, iniziata con le leggi razziali, a quella delle persone. Che nel giro di cinque anni si passò così dall’espulsione delle persone dal loro posto di lavoro e dei bambini delle scuole, dalla confisca dei beni, dell’identità e della libertà di espressione, all’eliminazione fisica. E non appena sarà possibile ricominciare a frequentare i musei, è utile ricordare che nel Museo della Padova ebraica sono riportati i nomi delle 47 vittime padovane della Shoah.
È bene ricordarli in questo momento, segnato da cambiamenti rapidi dagli esiti imprevedibili che rendono incerto il futuro di tante famiglie, perché è in momenti come questo che possono riemergere i fantasmi del passato e che l’odio può essere più facilmente utilizzato come strumento politico e prendere il sopravvento sulla coscienza civica. L’argine naturale a questo pericolo è la memoria, che i regimi totalitari hanno sempre tentato di manipolare, ma che è tanto più manipolabile oggi attraverso i nuovi mezzi di comunicazione. Dobbiamo porre la massima attenzione a non sacrificare l’istruzione di questa generazione di studenti, e a farne cittadini consapevoli della complessità della storia e non facili prede di nefaste fascinazioni.
Solo così potremo preservarli dal rischio di una bulimia mediatica che può portare a non vedere le situazioni a noi vicine a noi. Penso al campo profughi di Lipa, nella bosniaca Bihać, dove un migliaio di persone vive senza un tetto e senza la possibilità di difendersi da temperature di oltre 20 gradi sotto lo zero. È nostro compito dare ai giovani gli strumenti per scegliere. Nel bellissimo “I sommersi e i salvati”, Primo Levi ha scritto: “Non so, e non mi interessa sapere se nel mio profondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora esistono, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità”».
Il Segretario Generale
Samuel Scavazzin